Le emozioni ci danno informazioni preziose non soltanto su come stiamo, ma anche sui nostri bisogni e su cosa desideriamo. Ci aiutano ad adattarci alla realtà, ossia a viverci dentro più comodamente possibile e a scegliere consapevolmente come rispondere alle situazioni della vita.
Il rapporto con le nostre emozioni, però, non è sempre facile. Potremmo ritrovarci a non ascoltarle e a non riconoscere né comprendere, dunque, il motivo per cui le stiamo provando. Può succedere di far fatica a identificare chiaramente quello che sentiamo, a volte a dargli un nome, a volte persino ad accorgerci che stiamo provando qualcosa.
In casi come questi, le emozioni si trasformano in macigni pesantissimi da tollerare e che si tenta di arginare, piuttosto che in strumenti utili a vivere con più consapevolezza e padronanza di sé.
In sostanza, essere consapevoli dei nostri vissuti emotivi, poterli nominare, scegliere se, quando, come e con chi esprimerli, ci aiuta a occuparci di noi e dei problemi che ci riguardano. Infatti, quello che tendiamo a fare come persone, è provare un’emozione, darle spazio, compiere azioni utili alla risoluzione del problema che rappresenta (o alla soddisfazione del bisogno che si cela dietro di essa), e chiudere il rapporto con quell’emozione così da poterci dedicare alla prossima, o ad altro. Così, se siamo tristi perché abbiamo perso qualcuno, ad esempio, sarà difficile riuscire a voltare pagina finché non avremo dedicato spazio alla nostra tristezza e vissuto il dolore per la perdita che l’ha provocata.
Quando il rapporto con le proprie emozioni è complicato, il senso di questa difficoltà può essere intercettato nella storia di ognuno di noi, in molti casi nella storia della famiglia in cui siamo cresciuti.
Emozioni non permesse
Ci sono famiglie, infatti, in cui alcune emozioni sono proibite e come funziona nella nostra lo impariamo sin da piccini.
A volte, è attraverso l’osservazione di come i nostri genitori si rapportano alle loro emozioni che impariamo a rapportarci con le nostre. Se ad esempio i grandi faticano a concedersi momenti di tristezza, evitano di nominarla o raccontarla, tendono a trattenere le lacrime o nasconderle, potremmo dedurne che mostrarsi tristi è un problema, e ce lo vieteremo anche noi.
Alcune emozioni vengono proibite in modo esplicito, invece. Quando ad esempio si dice a un bimbo di non arrabbiarsi mentre lo è, o di non piangere quando è triste, o quando in seguito all’espressione di una data emozione segue una critica o una punizione.
A prescindere dai modi, il messaggio che recepiamo è che certe emozioni possono essere pericolose, inopportune, disapprovate. Crescendo, ci perfezioneremo nell’escluderle o coprirle con altre permesse invece, al punto da essere definiti, per esempio, come quelli che non si arrabbiano mai, o che sorridono sempre, o che non hanno mai timori e titubanze.
Emozioni incoraggiate
Così come in famiglia esistono emozioni o categorie di emozioni proibite, vi sono anche quelle incoraggiate. Avendo imparato a sopprimere la consapevolezza di alcune emozioni, da bambini troviamo una compensazione nell’espressione di ciò che invece ci è stato permesso, anche quando questa emozione è inadeguata allo stimolo che la suscita.
In una famiglia, ad esempio, potrebbe essere vietata la rabbia ma permessa e incoraggiata la tristezza. Il bambino di questa famiglia imparerà che se si mostra triste riceverà attenzioni, al contrario la rabbia verrà punita, criticata o ignorata.
Nel tempo, potrebbe sostituire la tristezza alla rabbia e manifestarla indistintamente, sia in seguito a una perdita o una mancanza (quando cioè è naturale sentirsi tristi), che in risposta a un torto, un sopruso, una ingiustizia (situazioni in cui è naturale arrabbiarsi).
Riappropriarsi delle emozioni proibite
Riconoscere quali emozioni fatichiamo a sentire o ci concediamo di esprimere, è un passo fondamentale per avere libero accesso a tutto il nostro mondo emotivo, senza obiezioni.
E spesso, riappropriarsi delle proprie emozioni proibite diventa una necessità:
- per dare senso, finalmente, a sensazioni confuse e apparentemente inadeguate e mal collocate;
- per ricontattare le emozioni autentiche, che aiutano a fare scelte più consapevoli e appaganti, che tengano conto anche dei propri bisogni;
- per sentirsi liberi di scegliere come rispondere alla realtà intorno a sé, e abbracciare le proprie responsabilità e il proprio potere, che altrimenti rischiano di essere dimenticati.
E oltre a tutto questo, essere consapevoli dei divieti che abbiamo fatto nostri, ci è di grande aiuto per trasformarli in permessi, se ci rendiamo conto che non fanno più per noi.
[Ho scritto questo post nel 2014, e l’ho rivisto, aggiornato e arricchito otto anni dopo]
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