Riuscire ad avere sempre tutto sotto controllo per molte persone è un’aspettativa segreta, che si manifesta attraverso dei sintomi. Si può provare ansia, sentirsi sotto pressione e schiacciati dai pesi di cui ci si fa carico, ci si muove in compagnia di una costante stanchezza, si fa fatica a rilassarsi e sentirsi un po’ leggeri, a volte l’ansia diventa panico e la fatica può sfociare in angoscia.
Esserne consapevoli raramente è sufficiente per procedere e sentirsi in modo diverso: pur riconoscendo a livello cognitivo che controllare tutto non è realistico né umanamente possibile, ci si può sentire spinti da un impulso irrefrenabile, un vero e proprio bisogno, di muoversi nel modo ormai familiare. Ossia, cercando soluzioni a imprevisti non ancora successi, prevedendo nei dettagli quali passi fare in qualche periodo della propria vita e rispettarli ad ogni costo, facendosi carico anche delle faccende familiari e lavorative che si potrebbero delegare per avere la certezza che vengano fatte in un certo modo. Ma anche attuando quei comportamenti ritenuti garanzie per tenere vicine a sé le persone importanti, persino tener nascosti alle altre persone i propri vissuti e pensieri scomodi, che con grande probabilità intaccherebbero quell’immagine di sé che si vuol mostrare, sempre e comunque.
Uno stato di allerta necessario
Soddisfare il proprio bisogno di controllo richiede moltissima energia e un costante stato di allerta e tensione, lo stesso che probabilmente è stato necessario in qualche momento cruciale della propria esistenza, mentre si scriveva la propria storia.
Avere il controllo regala un senso di sicurezza e tranquillità, e quando si fa esperienza della sua efficacia per tenere a bada le paure, potrebbe diventare una vera e propria strategia di sopravvivenza. Come dire: per farcela devo tenere alto il controllo.
Per un bimbo che ha paura del buio, una lucina accesa durante la notte è fonte di rassicurazione, perché è il modo per controllare che non stia succedendo quel che potrebbe invece accadere di terribile se fosse buio e quindi fuori dal suo controllo. Metaforicamente parlando, quella lucina è per un adulto il suo stato di allerta, che, finché è attivo, dà l’illusione che le cose andranno come previsto e che si sarà salvi da qualche dolore.
Tenere alto il controllo rischia così di diventare l’unico modo di stare nella propria vita, di rapportarsi con gli eventi, le persone e non in ultimo sé stessi.
Fare i conti con la realtà, e anche con le fatiche della propria storia
La sicurezza percepita controllando perde forma e diventa illusoria quando ci si scontra con la realtà del proprio essere persona: che soffre, sbaglia, dimentica, ha dei limiti, e anche altri bisogni che scalpitano e chiedono attenzioni.
Il bisogno che a volte diventa pretesa di controllare sempre ogni cosa, poi, spinge a porre il proprio sguardo fuori da sé, per scorgere le reazioni delle altre persone, assicurarsi che tutto proceda secondo i piani, evitare temuti disastri. E così, a perdere di vista l’interno, a perdersi di vista, precludendosi la possibilità di stare con sé e nel mondo in modo autentico, così come si è. E di mettere in conto anche che potrebbe andare meglio di quanto si tema.
Di fatto, se sentiamo il bisogno di controllare così tanto il mondo esterno ed interno, avremo senz’altro dei buoni motivi: il senso va cercato nella nostra storia. Allora sì, che potremo prendere in considerazione anche altri modi di stare nella vita, se sarà quel che ci serve, nel nostro presente e in vista di un futuro che non rischi di essere la pagina di una storia già letta e vissuta con fatica.
[Ho scritto questo post nel 2016, e l’ho rivisto, aggiornato e arricchito sei anni dopo]
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